Il 22 aprile si celebra l'Earth Day, un'occasione per scoprire alcuni dei nostri titoli dedicati alla natura, all'ecologia e all'ambientalismo
Sabato 22 aprile è l'Earth Day, la Giornata della Terra. Questa ricorrenza, fissata nel giorno che segue l'equinozio di primavera, è stata proclamata negli anni Sessanta, quando l'ONU ha accolto le richieste provenienti da diverse istanze di istituire una giornata dedicata alla salvaguardia del pianeta e della pace. Col passare degli anni questa data è diventata un appuntamento via via sempre più importante, un'occasione per educare al rispetto per l'ambiente e per riflettere sull'uso consapevole (o sventato) delle risorse naturali, sull'inquinamento e sulla produzione di rifiuti, sulla sostenibilità e sull'impatto delle attività umane sugli ecosistemi e sulle vicissitudini delle altre specie che li abitano.
Negli ultimi tempi, soprattutto con l'incalzare degli effetti dei cambiamenti climatici, la Giornata della Terra e le iniziative di sensibilizzazione organizzate in sua concomitanza stanno diventando più attuali che mai e ci restituiscono un quadro quanto mai complesso. Per questo vi proponiamo cinque libri di recente pubblicazione utili ad approcciarsi a diversi ambiti del dibattito corrente sulla tutela del nostro pianeta e sulle problematiche che la minacciano. In coda, inoltre, potete trovare anche alcuni titoli di narrativa e varia a sfondo ambientalista.
Buona lettura!
"Abbiamo passato un’epoca del ferro, un’epoca del bronzo di cui ancora oggi individuiamo i sedimenti, i resti di una civiltà umana del passato. Non è difficile immaginare che in un periodo futuro, se l’Homo sapiens farà ancora parte della biodiversità del pianeta, ci saranno i segni inequivocabili del nostro passaggio attraverso i polimeri plastici."
In Plasticene: l'epoca che riscrive la nostra storia sulla Terra, Nicola Nurra, studioso e professore di biologia marina all'Università di Torino, racconta la nostra epoca, che è quella dominata dalla plastica. Quale enorme impatto ha avuto sulle nostre risorse idriche la diffusione atomizzata delle plastiche? La risposta più evidente la troviamo nell'Oceano Pacifico, dove galleggia un'enorme isola di rifiuti che si stima avere come minimo le dimensioni della penisola Iberica. Ma simili formazioni non sono assenti nemmeno nel nostro Mediterraneo: l'invasione dei polimeri plastici, di difficile smaltimento e pressoché eterni, è completa, e talmente pervasiva da essersi consolidata alla base della piramide alimentare.
Nel suo racconto, Nurra raccoglie anni di studi sul campo, di dialogo con colleghi e studenti, di esperienza sul fronte della lotta contro gli effetti negativi della proliferazione delle plastiche, nella speranza di accendere i riflettori su un problema sempre più pressante, ma anche di coinvolgere il suo lettore e spingerlo a riflettere sulle sue abitudini di consumo e a trasformarsi nell'artefice di un cambiamento di rotta ancora possibile.
Con Come pensano le foreste, Eduardo Kohn, professore alla McGill University di Montreal, punta a costruire una nuova antropologia che vada oltre i confini dell'umano, rinunciando all'assunto cartesiano che ci vuole come gli unici capaci di pensare. Come ci percepiscono gli altri esseri viventi? Anche la natura opera sulla base di rappresentazioni e segni che riconosce attorno a se stessa, e Kohn crede di averne avuto testimonianza grazie ai suoi soggiorni nel villaggio del popolo Runa, nell'Alta Amazzonia, dove gli uomini da sempre vivono secondo le regole del complessissimo ecosistema della foresta.
La rivoluzione copernicana di Kohn, mettendo in crisi l'assunto che vuole il pensiero come prerogativa umana, è la chiave per accedere a un'interpretazione della realtà che punta a ridimensionare le nostre prerogative su questo pianeta. Si tratta di re-imparare a convivere con gli altri esseri viventi, di prestare attenzione alle altre forme di vita, di cercare di vivere in equilibrio – "sumak kawsay", nella lingua runa – con un mondo che non è distinto da noi.
"Come pensano le foreste è un appello a ricordarsi di chi siamo sempre stati e a renderci conto, quindi, della possibilità che la nostra vita sia in continuità con quella che ci sostenta in un presente vivibile. O meglio, è un appello a ricordare un modo di vivere che si lasci guidare da un’antecedente forma vivente che ci nutre."
In Islanda nel 2019 si è tenuto un evento sconvolgente: alcuni attivisti si sono ritrovati alle pendici del ghiacciaio Okjökull per tenere il suo funerale. Questa conformazione di ghiacci di 19 chilometri quadrati di estensione nel corso di pochi anni, come affermano le misurazioni, si è ritirata fino a occuparne a malapena uno.
Abbiamo i dati alla mano, eppure il richiamo all'azione non ci sembra abbastanza impellente. Perché? Andri Snær Magnason, scrittore e attivista islandese, prova a trovare una risposta nel suo libro Il tempo e l'acqua, analizzando il rapporto che intercorre tra i segni che ci stiamo abituando a cogliere – come lo scioglimento di un ghiacciaio che esisteva da sempre – e il tempo. Di fronte a prove come queste di un futuro in pericolo rimaniamo indifferenti. Questo perché, secondo Magnason, l'idea dei cambiamenti climatici e dei suoi effetti non ha ancora fatto breccia nell'immaginario collettivo: rimane ancorata al suono minaccioso ma remoto dei termini tecnici e dei dati scientifici, mentre ora più che mai ha bisogno di diffondersi anche tramite la parola mitica, il racconto, la fantasia per toccare finalmente i nostri cuori.
"Le metafore possono aiutarci a comprendere i numeri. Come autore sono stato condizionato da Italo Calvino, Umberto Eco, Jorge Luis Borges. Nei loro testi ho visto come utilizzare storie e memorie personali come strumento per rimandare ad altro."
Il risultato è un racconto fatto di storie di famiglia, conversazioni e mitologie lontane: è un tentativo di chiamare la letteratura a rapporto, e scomodarla per aiutarci a scuoterci prima che sia veramente troppo tardi.
Negli anni Settanta il filosofo norvegese Arne Næss inaugura un nuovo approccio all'ambientalismo che si oppone alla teoria dello "sviluppo sostenibile", rinunciando alle contraddizioni di un impegno considerato superficiale. Questa nuova visione prende il nome di "ecologia profonda", proprio in virtù di un atteggiamento più consapevole e responsabile nei confronti del proprio modo di impattare il mondo circostante sia dal punto di vista culturale che da quello economico. Secondo questa filosofia, la terra non è un patrimonio di cui siamo eredi indiscussi; al contrario, noi siamo solo una delle manifestazioni della natura, siamo ospiti al pari di tutte le altre specie. Per questo tutte le forme di vita devono avere gli stessi diritti, a priori dall'utilità che l'uomo riconosce in esse: il risultato deve essere un arricchimento trasversale, e non un impoverimento.
"Quando cerco di rintracciare i determinanti psicologici e sociali della mia filosofia, alcuni termini chiave spiccano tra tutti gli altri – imperturbabilità, equanimità, austerità, distanza, riservatezza, non violenza, diversità, egualitarismo. La maggior parte di essi sembravano aiutarmi a istituire uno stile di vita appropriato al luogo che avevo scelto."
Nel volume Siamo l’aria che respiriamo: saggi di ecologia profonda sono raccolti gli scritti di Næss, che raccontano la sua vita condotta cercando di ridurre al minimo il proprio impatto sull'ambiente circostante, e all'insegna del grande amore per la montagna, su cui costruisce la sua casa e la sua scrittura.
In mezzo a tanti segnali nefasti e preoccupanti, è necessario anche, come atto estremo d'amore, ritornare a guardare la natura con gli occhi della meraviglia. È quello che tenta di fare la poetessa Chandra Livia Candiani nel suo libro di prose Questo immenso non sapere: conversazioni con alberi, animali e il cuore umano.
"Gli animali mi hanno aiutato. Erano tutti lì, silenziosamente piantati nella vita a ricordarmi una forza naturale, non coltivata. Un voler vivere, perché si fa così, perché lo dicono le cellule. Mentre io vengo da un luogo dove voler vivere era considerato volgare, codardo, e invece autodistruggersi avventuroso ed elegante. Ho obbedito agli animali. Sono andata nella direzione che mi indicavano loro."
Candiani, attraverso una prosa disordinata e vitale, in poche densissime pagine, chiama a raccolta una natura essenziale, fatta di alberi e animali, testimone e compagna di viaggio di fronte alla bellezza e alla crudeltà della vita. Attraverso la meditazione e l'osservazione, umano, animale e vegetale partecipano allo stesso concerto, rivelandosi parte di un unico "più grande", una mescolanza, che ci riconduce alla vita e ci riposiziona in questo grande mondo da difendere.
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